Professionisti e stampante 3D
Cosa faranno i professionisti con le stampanti 3D? diventerà un oggetto diffuso negli studi? forse di arredamento ma niente più
Da alcuni giorni non dormo, un pensiero fisso mi assilla: nel prossimo futuro la stampante 3D sarà considerata uno strumento indispensabile per gli studi professionali, come è stato per la fotocopiatrice, oggi la multifunzione? mi sono divertito a riflettere, tanto per poter dire tra qualche anno che avevo sbagliato tutto …
Il desiderio mi è già venuto, poi ho pensato: a cosa mi serve? meglio, mi servirà per il lavoro? Allora ho provato a giustificare tra me e me la necessità dell’acquisto, ma in realtà non ci sono riuscito. Si tratta, appunto, di puro voglino tecnologico. Cerco di razionalizzare.
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Innanzitutto non parlo di utilizzo della tecnologia della stampa 3D, che sarà inevitabile, ma proprio della presenza della stampante 3D in studio. Non è questione economica, già oggi e tanto più nei prossimi mesi i costi saranno abbordabili, almeno per stampanti 3D di tipo consumer. Per fare un paragone, a occhio e croce, almeno agli albori, dotarsi di un fax a carta chimica costò molto di più.
- Mi riferisco ai professionisti non tecnici, dunque a avvocati, commercialisti, consulenti del lavoro. Per ingegneri, architetti e geometri la stampa 3D è già diventata una naturale appendice del rendering. Resta poi da vedere se converrà loro dotarsi di una stampante per lavori di piccole dimensioni, con la certezza che diventerà obsoleta nell’arco di un semestre, mentre potranno (possono già oggi) con spesa ragionevole stampare di volta in volta il proprio lavoro nel service limitrofo allo studio (o disponibile on line). Giocheranno senz’altro valutazioni di natura economica e l’attenzione alla riservatezza dei progetti.
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Tornando ai professionisti dell’area non tecnica, a parte la realizzazione di gadget di studio, dal portamatite alla tazza, personalizzati con il marchio dello studio, tali da soddisfare la vanità e un’idea di marketing un po’ grossolana, non penso che il panorama di apparecchi e dispositivi di studio sarà arricchito dalla stampante 3D, ripeto, se non per esaudire una diffusa bramosia tecnologica, insomma per effettuare l’ennesimo acquisto guidato esclusivamente dall’emotività.
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Penso però ad importanti eccezioni, in particolare, all’area di coloro che si occupano di Intellectual Property, a titolo diverso, da avvocati e/o brevettualisti (consiglio per i venditori). La necessità di poter disporre – di frequente e soprattutto garantendo la massima riservatezza ai propri assistiti – di copie di prototipi, componenti, prodotti, anche se di dimensioni ridotte e con materiale “meno nobile” rispetto all’originale (ad esempio in gesso o resina, rispetto al titanio o alla fibra di carbonio), rendendo comunque “tangibile” l’oggetto della controversia, potrà a breve giustificare e anzi rendere indispensabile per questi professionisti non soltanto avvalersi bensì disporre di una stampante 3D in studio.
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Sul piano del business e dei contratti, soprattutto nei primi tempi, penso almeno sino a tutto il 2016, potrebbe rivelarsi di successo proporre ai professionisti formule di locazione di breve durata, due anni, rispetto ai quattro-cinque della multifunzione, con manutenzione e assistenza compresa e la possibilità di cambiare la stampante al termine del periodo. Una sostanziale differenza rispetto ai contratti già ampiamente diffusi nella prassi commerciale – ma certo non insormontabile – consiste nei costi dei consumabili, i toner delle multifunzioni hanno costi abbordabili e soprattutto hanno durata considerevole, per migliaia di copie, mentre i materiali utilizzabili con la stampa 3D hanno costi notevoli soprattutto se rapportati all’utilizzo. Del resto, sul tema dei materiali – molto più che sull’hardware – si concentrerà la ricerca e l’industrializzazione.
Avrò scritto cavolate?