Celimene un dettaglio ti rovina, e torni ad essere come tutte le donne. Indesiderabile
Cara Celimene,
confesso che avevo abbassato la guardia. Ho pensato fosse la volta buona. Mi ero quasi innamorato di te. Perdutamente, nonostante
tu sia avvocato, circostanza da sola in grado di eliminare qualsiasi attrattività verso di me;
tu sia comparsa in udienza in sottoveste, con stivaletti a mezzo polpaccio, abbronzata alla Carlo Conti e con gli occhiali da sole;
tu mi abbia chiesto di modificare nel verbale “avvocato” con “avvocatessa”;
tu abbia sostenuto le tue tesi e domande con aggressività e protervia degne di una disputa religiosa;
tu abbia puntualmente sorriso ironica e con sufficienza ad ogni mio aprir bocca, anche se solo per esporre banalità processuali;
tu abbia lanciato alla Giudice sguardi di intesa/condivisione/compiacimento;
tu – alla fine dell’udienza, nell’arco di un quarto d’ora – nell’ordine:
nonostante tutto, completamente sordo ai richiami di ogni mia più intima convinzione e consapevole che per te Celimene può essere al massimo un detergente intimo, mi stavo innamorando di te.
Poi il soccorso: da un lembo della sottoveste, lato esterno coscia, è apparso l’immancabile tatuaggio, certificando così la tua completa e probabilmente irreversibile omologazione al mondo.
Vero che amor vincit omnia, ma a tutto c’è un limite. Il tatuaggio no.
Addio Celimene, stammi bene, in fondo, indubitabilmente, non eravamo fatti l’uno per l’altra.
Tuo comunque, Alceste
Mi fa piacere se mi scrivi. In privato, sarà fuori moda ma a me piace così