La Rivoluzione francese è grottesca ricordando Gómez Dávila. Tra le sue pieghe scorre una vena inesauribile di storie, eventi e persone la cui conoscenza non insegna nulla. Può forse ispirare
Della storia mi interessano le persone. Delle persone mi interessano quelle di cui si parla poco e si legge ancor meno (indipendentemente dai monumenti), che possiedono doti singolari e che in qualche modo si distinguono dalla massa (non sempre per volontà propria). Tra queste vorrei ricordare quelle che direttamente o indirettamente si sono occupate di diritto (e di giustizia).
Il periodo dal 1789 al 1815 offre inesauribili spunti. Prima o poi spero di dedicarmi al processo al Re e alla Regina (e all’affare della collana di Rohan!), ma oggi ricordo uno tra gli avvocati del Re, quello meno fortunato.
Chrétien Guillaume De Lamoignon De Malesherbes è morto sotto Madame la Ghigliottina il 22 aprile 1794 (pochi mesi prima dalla fine del terrore), insieme a genero, figlia e nipoti. Nel mare delle letture che si possono fare sulla rivoluzione francese – di qualsiasi orientamento – è difficile trovare pareri così concordi nel descriverlo onesto, buono, competente e anche coraggioso.
I primi aggettivi se li è meritati in vita: considerato liberale e oggi diremmo illuminista anche in virtù del suo incarico di direttore della Biblioteca di Parigi, di fatto e di diritto responsabile della censura sulle stampe, posizione da cui promosse la libertà di espressione sostenendo l’Enciclopedia.
L’ultimo se lo guadagna – per me maggior titolo – segnalando alla Convenzione la propria disponibilità a difendere Re Luigi XVI (il cittadino Luigi Capeto o Luigi l’Ultimo come si definiva allora il Re): “Sono ben lontano dal ritenere che una persona importante come voi, Presidente, possa darmi ascolto, ma vorrei ricordarvi che sono stato chiamato due volte dall’ex sovrano a far parte del Consiglio reale, in un’epoca in cui tale incarico era universalmente ambito. Gli devo della riconoscenza e desidero assumermi un incarico che molti giudicano pericoloso” (da Antonio Spinosa). Informato, il Re accettò.
Il collegio difensivo fu composto anche da François Denis Tronchet (magistrato, ricercato anche lui per qualche tempo) e da Raymond de Sèze (avvocato, imprigionato, con il ritorno della monarchia fu Presidente della Corte di Cassazione), che fu incaricato dell’arringa (l’anno seguente circolavano in Italia edizioni, non rarissime oggi, recanti: “Arringa in difesa del re Luigi XVI recitata da Deseze in nome de’ suoi compatrocinatori alla sbarra della convenzion nazionale il dì 26 dicembre 1792. Tradotta fedelmente nell’Italiana”).
Per inciso, secondo molti la difesa fu giuridicamente ineccepibile, ma non fu trascinante sul piano emotivo e convincente su quello umano e – soprattutto – fu fragile sul piano politico. Non che la decisione potesse mutare, ma in un processo in cui alla sbarra non c’era la persona bensì l’istituzione, per l’imputato sarebbe stato meglio il contrario (tanto che Robespierre voleva la condanna senza il processo). A questo proposito più interessante del processo è seguire il dibattito precedente, alla Convenzione e sulla stampa. È particolarmente attuale oggi che si dibatte se abbia ancora senso parlare di diritti naturali.
Quando si offre volontario Malesherbes ha 71 anni e non è implicato nella vita politica della Francia. Firma con quella autocandidatura – forse lo presagisce – la sua condanna (l’accusa sarà di essere “al servizio della tirannide reale”), assiste alla morte dei propri cari e con calma rimasta proverbiale sale sul patibolo.
Alexis de Tocqueville è suo bisnipote per linea materna e gli renderà giustizia scrivendo della rivoluzione e dell’Ancien régime.
Mi fa piacere se mi scrivi. In privato, sarà fuori moda ma a me piace così